Tutti i libri di Giovanni Zenone e il meglio dell'editoria cattolica
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sabato 2 maggio 2015

Quando la Chiesa sbrana se stessa

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Un libro di cui ho fatto la prefazione, una storia che ho già vissuto io per primo, subendo ogni sorta di angherie da parte di una Chiesa, quella veronese, che ha dimostrato di essere succube e complice, per convinzione o per debolezza non lo so, di forze anticristiane, e anticattoliche. I danni economici, personali, morali che ho subito da queste persone che non si possono chiamare preti o vescovi, ma nemmeno uomini, per la bestiale disumanità con cui hanno trattato me e altri pari miei, sono inenarrabili. Ma da par loro se ne infischiano, il problema non li tange. Si sono levati un problema dai piedi e ritengono la cosa risolta. Ora questi fatti si stanno ripetendo con un odio teologico inspiegabile. Chissà se Papa Francesco farà qualcosa per fermare questo clero putrefatto.

Giorgio Nadali
Professore, dietro la lavagna!
La storia di un insegnante di religione rimosso perché troppo cattolico
Editore: Fede & Cultura
Prefazione: Giovanni Zenone
Pagine: 96
Collana Saggistica n. 72
ISBN : 9788864093918
ISBN eBook: 9788864093925
Data di pubblicazione: Maggio 2015

10.00 € 10.00 €
6.00 €

In poche parole:
Il racconto di un caso che ha messo in luce la difficile situazione degli insegnanti di religione, attaccati dalla Chiesa e dal mondo.
Descrizione:
Nell’assenza di criteri chiari e di programmi definiti e vincolanti, continuamente sotto scacco per il rischio di perdere studenti, gli insegnanti di religione vivono una situazione istituzionalmente debole e svantaggiata rispetto a quella degli insegnanti di altre materie. È il caso di Giorgio Nadali, a cui dopo 26 anni è stata revocata l’idoneità a insegnare religione nelle scuole pubbliche per aver proiettato in una classe di liceo un famoso video antiabortista sulla soppressione dei feti. La conferma della revoca da parte della Curia di Milano dimostra inoltre come, ancora una volta, gli insegnanti di religione non possano contare nel momento del bisogno sul sostegno della Chiesa, la quale, anzi, è sempre più ansiosa di dialogo con il mondo, magari anche a scapito della Verità.


sabato 27 luglio 2013

Educazione islamica

Educazione Islamica. Le bambine sono le più colpite. E i nostri politici - Prodi in testa - hanno aperto le porte a questa roba! E in Europa in molti stati la Sharìa è legge! Quando cominceranno a fare queste cose alle mogli e figlie dei nostri politici forse capiranno che c'è bisogno di una svolta e di fare piazza pulita radicale e finale della cultura del demonio che sta invadendo il mondo. E poi i nostri preti e vescovi ci vengono a parlare di "dialogo"!!!

giovedì 13 dicembre 2012

Va bene tutto, tranne la dottrina cattolica

di Francesco Alberti
Giovanni Zenone è un docente di IRC, Insegnamento della religione cattolica, nelle scuole superiori di Verona. La sua religiosità, la sua cultura, la sua forma mentis è quella di un cattolico tradizionalista. Persona preparata sul piano accademico e culturale, è l’inventore delle Edizioni Fede & Cultura. I numerosi titoli del catalogo della Casa editrice, alcuni dei quali firmati anche da teologi e uomini di Chiesa, dicono che Zenone gode di stima presso molti. È sposato ed è lui stesso insieme alla moglie a condurre la casa editrice. La coppia ha sei bambini.
È accaduto tempo fa che la Curia di Verona abbia ritirato a Giovanni Zenone l’idoneità ad insegnare la religione cattolica

giovedì 6 dicembre 2012

Il Vescovo di Verona licenzia Giovanni Zenone: troppo cattolico!

Colpito il nostro Direttore per colpire Fede & Cultura
Affermiamo la nostra piena e affettuosa solidarietà al prof. Giovanni Zenone, che con grande competenza e abnegazione dirige la Casa Editrice Fede & Cultura, che in questi anni si è affermata come una delle più vivaci e qualificate voci della cultura cattolica. Preghiamo per lui e per la sua famiglia, e preghiamo perchè la Santa Chiesa ritrovi l'Unità nella Fede.

Paolo Deotto, Direttore di Riscossa Cristiana


di Francesca Castellaneta
Può un Vescovo togliere l’insegnamento della religione cattolica ad un docente con più titoli degli altri, fedele alla Chiesa, assiduo alla preghiera, ai sacramenti, sposato con sei figli? Può far relegare quell’insegnante al ruolo di bidello in una biblioteca raddoppiando le sue ore di lavoro? Può umiliarlo così nella sua vocazione?  Può una Diocesi motivare la rimozione con presunte “carenze pedagogiche e didattiche”, nonostante il fatto che personalità della cultura e della Chiesa Cattolica (tra cui Padre Giovanni Cavalcoli, già Officiale della Segreteria di Stato della Santa Sede) siano intervenuti a suo sostegno e che almeno tre dei suoi alunni abbiano manifestato la volontà di entrare in Seminario?

Sì che può. Nonostante il premio “Attilio Mordini” ricevuto dal Professore dall’Associazione Europea Scuola e Professionalità docente nel 2008, nonostante il premio Vaticano “Giuseppe Sciacca” che tre mesi dopo la rimozione gli veniva attribuito dal Cardinale Castrillon Hoyos con la seguente motivazione: “Docente di straordinaria perizia e qualità pedagogiche, ha dato impulso alla diffusione di una sana cultura teologica e storica, scevra da compromessi ideologici e unicamente orientata a superiori finalità spirituali

mercoledì 26 settembre 2012

Ora d'irreligione

di Giovanni Zenone
Partendo dal presupposto che se una persona è ministro della repubblica italiana dev'essere certamente una persona di compromesso (purtroppo quasi sempre morale) soprattutto in questo governo golpista, facciamo nostra tuttavia la proposta del ministro Profumo che si cambino i programmi dell'ora di religione cattolica. È risaputo ormai - infatti - che con metodo gramsciano oltre a tutte le altre cattedre i nemici della fede  e

martedì 17 gennaio 2012

Insegnanti d'irreligione

Il 23 dicembre 2011 un paio di insegnati di un liceo del bergamasco hanno portato gli allievi, tutti minori, in gita d’istruzione (o esperienza extracurricolare, boh) in Val di Susa, a violare la disposizione prefettizia che vieta la circolazione nell’area dei lavori della Tav. Un parlamentare torinese (Pd) li ha denunciati anche perché a far loro da ciceroni c’erano i militanti NoTav. Indovinate che cosa insegnano quei due insegnati? Ve lo dico io: religione.
Rino Cammilleri

giovedì 6 ottobre 2011

Sesso

«Avanza un totalitarismo pedagogico che sottrae i bambini alle famiglie perché siano plasmati da insegnanti pubblici secondo programmi ideologici e alla moda», scrive Camillo Langone su «Libero» dell’1 settembre 2011 commentando questa notizia: «A partire dal nuovo anno scolastico ai bambini degli asili di Basilea verranno impartite lezioni con una Sex Box, una scatola del sesso piena di oggettini erotici, affinché imparino quanto sia piacevole toccarsi. (…) Nessuna possibilità di esenzione, magari l’educazione religiosa è facoltativa ma quella sessuale è obbligatoria». Interessante la citazione, a questo punto, di Milosz, lo scrittore polacco Nobel per la letteratura: «L’abbattimento di ogni barriera in questa nostra società permissiva si riduce essenzialmente al dominio del sesso». Già. Che tristezza. 
Rino Cammilleri

domenica 3 ottobre 2010

Incoerenza

L’8 settembre 2010, Mons. Giuseppe Zenti, Vescovo di Verona, nell’omelia per la festa della Madonna del Popolo nella Cattedrale di Verona ha detto che è drammatico per l’educazione alla fede e alla morale la constatazione che il 95% dei ragazzi che frequentano il catechismo non si incontrano eucaristicamente con Cristo alla Domenica.
Strano allora che con suo decreto abbia ribadito la revoca della mia idoneità all'insegnamento della religione cattolica già notificatami dal Vicario generale della diocesi Mons. Giuseppe Pellegrini e sollecitata da don Domenico Consolini, direttore dell'ufficio scuola diocesano. La colpa che è valsa questa condanna - senza un reale diritto alla difesa - al più titolato professore di religione cattolica di tutta la Diocesi di Verona è l'avere insegnato usando anche il catechismo di san Pio X, l'avere studenti che tornano alla Confessione e alla Comunione dopo anni di abbandono della Chiesa.
Certo però che se al mio posto mettono docenti che insegnano che "sull'omosessualità la Chiesa si dovrebbe aprire", che "l'inferno non esiste", che "le Crociate sono state un male", che "Dio è così misericordioso che perdona tutto" (anche senza bisogno di confessione, pentimento e conversione di vita), docenti sacerdoti che danno la comunione a divorziati e risposati o a protestanti valdesi e altre amenità di tal genere, allora si capisce che i primi responsabili della perdita delle anime sono proprio quegli stessi uomini di Chiesa che sono responsabili del silenziamento della Dottrina Cattolica di sempre e della diffusione al suo posto di errori dottrinali che sono però più "confacenti alla sensibilità contemporanea".

lunedì 27 settembre 2010

Religione cattolica?

Dopo che la Curia di Verona mi ha tolto l'insegnamento ricevo notizie di quello che insegna il mio sostituto - forse in linea con la Curia stessa, visto che lo hanno messo al posto mio.
Riporto per ora solo un messaggio di un mio - ormai - ex-allievo:
"Mi manca prof... Questo nuovo mi sa tanto de "volemose bene" ... Ci sta facendo vedere video sulle coppie di fatto e cose simili e ha detto che da cattolico avrebbe votato a favore del divorzio".

martedì 13 luglio 2010

Educare con la Tradizione e l'Autorità

Educare: un compito urgente tra emergenza e sfida
Il Segretario generale della CEI interviene a Bibione


ROMA, lunedì, 12 luglio 2010 (ZENIT.org).- Generazione, tradizione e autorità sono queste per mons. Mariano Crociata, Segretario generale della CEI, le tre parole chiave utili “per una sfida educativa raccolta e condotta secondo verità”.

E' quanto ha detto il presule intervenedo il 5 luglio a Bibione, nel corso di una conferenza su “La sfida educativa”, inserita nel contesto della manifestazione “Bibione guarda all’Avvenire” organizzata dalla Parrocchia Santa Maria Assunta e dall’Ufficio comunicazioni sociali della Diocesi di Concordia-Pordenone.

L'iniziativa, giunta quest’anno alla IV edizione, aveva come tema: “I mass-media cattolici: educarsi alla verità”.

L’aspetto “più delicato”, nella “sfida educativa” che la Chiesa italiana ha deciso di raccogliere per questo decennio pastorale, ha detto all'inizio mons. Crociata è costituito “dalla tentazione relativista che mina in radice qualsiasi opera educativa”.

Infatti, ha spiegato, “la disponibilità illimitata di forme e di interlocutori della comunicazione in questa epoca digitale ha già prodotto un riposizionamento delle tradizionali agenzie educative, a cominciare dalla famiglia e dalla scuola, spesso inesorabilmente marginalizzate o comunque ridimensionate”.

Inoltre, ha aggiunto, “un senso malinteso di rispetto dell’autonomia e della libertà ha portato talora a teorizzare e praticare il rifiuto dell’opera educativa come tale, ritenendola lesiva o limitativa della personalità del bambino, del ragazzo o del giovane, la quale invece dovrebbe avere già in sé tutto ciò che è necessario alla sua maturazione umana e, dunque, avrebbe bisogno solo di un aiuto volto a facilitare la sua naturale evoluzione”.

In una simile prospettiva, ha sottolineato il Segretario generale della CEI, “la famiglia non dovrebbe in alcun modo adottare misure costrittive o repressive e la scuola assumerebbe solo una funzione metodologica, come luogo di apprendimento di informazioni, di tecniche, di uso di strumenti di cui lo studente si servirebbe liberamente e creativamente per dar forma alla propria personalità”.

“Purtroppo - ha poi avverito - a venir meno o ad essere messa in questione, prima che il compito educativo, è l’idea di persona umana, la visione della realtà nel suo insieme a cui fare riferimento”.

“La sfida allora - ha indicato il presule - consiste nel raccogliere i cambiamenti di cui abbiamo parlato come delle opportunità, facendoli diventare possibilità in più per l’opera educativa; ma per fare ciò ci si deve innanzitutto intendere sulla necessità di una visione personalistica e di una idea di educazione”.

Per questo mons. Crociata ha indicato tre esigenze imprescindibili: “Generazione, tradizione, autorità”.

“Non basta essere procreati per essere generati: non basta metter al mondo una creatura per renderlo figlio e persona”, ha detto il Vescovo spiegando il significato del termine generazione.

La tradizione - ha affermato - rappresenta la condizione per lasciar emergere l’originalità e l’unicità di ciascuno”, poiché “non è nel vuoto che si può sviluppare una personalità originale, ma soltanto all’interno di un processo di trasmissione”.

Autorità”, ha concluso infine, è una parola che appare “ostica” ai nostri giorni, ma che invece, a patto di non essere “confusa con autoritarismo”, è “responsabilità a partire da un’autorevolezza personale e competente da parte dell’educatore”.

giovedì 20 maggio 2010

Integrazione: la lezione di alcuni extra-comunitari

Notizia del 19 maggio 2010: a Como alcune famiglie albanesi hanno fatto cambiare scuola ai loro figli perché in quelle dove stavano c’erano troppi immigrati. Il preside ha definito «inquietante» la cosa. Ho la fortuna di avere alcuni vicini albanesi di religione islamica (respinti dalla Grecia, sono giunti da noi in gommone). Che però vanno a Lourdes e mandano i loro bambini al catechismo. Alle mie domande hanno risposto che il giorno più bello per loro è stato quello in cui hanno ottenuto la cittadinanza italiana: vogliono che i loro figli crescano italiani in tutto e per tutto. Tornando alla notizia di cui sopra, pare che anche i romeni si comportino così. Per forza: sono i più vicini alla sensibilità occidentale e hanno sempre mal sopportato le dominazioni (turca e comunista) sentite come corpi estranei. Al solito, però, i nostri buonisti non hanno capito. E’ singolare tuttavia che debbano essere gli immigrati a insegnarci come si fa la famosa integrazione. 
(Rino Cammilleri)

domenica 8 novembre 2009

Smania pedagogica

La smania pedagogica è stata il consigliere delle peggiori sciocchezze della storia e dei suoi più orrendi crimini.
( Nicolás Gómez Dávila, In margine a un testo implicito)

martedì 5 maggio 2009

Se la scuola fa male

Oggi i nostri bambini trascorrono a scuola più tempo di quello che noi genitori trascorriamo in ufficio. Ed è emergenza educativa. Ecco perché il mito del "tempo pieno" lavora contro la famiglia. E contro la Chiesa.

Sì, avete letto bene: troppa scuola può far male ai nostri ragazzi, ed è pura illusione pensare che più ore trascorse dentro l'edificio scolastico siano sempre un bene. Non è così e, in un certo senso, non è mai stato così nemmeno in passato

Primi in Europa

Ma andiamo con ordine e partiamo dai fatti. Oggi l'Italia si ritrova in testa a una classifica molto particolare: le scuole Primarie del Bel Paese - quelle che i comuni mortali e le persone di buon senso continuano a chiamare "elementari" - impegnano i bambini in una maratona di 980 ore per anno scolastico. è il dato più alto di tutta Europa. In Germania - dove la gente è notoriamente tutt'altro che pigra e men che meno ignorante - i kinder stanno in classe 698 ore. Qualche cosa come 300 ore in meno dei coscritti italiani, circa 60 giorni di differenza. La media europea per le scuole Primarie è di 755 ore all'anno, nettamente al di sotto della prassi italica. L'unico Paese con un monteore molto simile al nostro è la Francia (958), ma è notizia di queste settimane - invero clamorosa - che oltralpe si prepara una controrivoluzione dell'orario: il governo Sarkozy ha deciso di ridurre i giorni di scuola da 5 a 4, lasciando i fanciulli a casa il mercoledì, oltre che il sabato. Fra l'altro, è curioso notare che la "vacanza centrale" fu inventata proprio in Francia da Jules Ferry (1832-1893), il padre dell'insegnamento pubblico e gratuito, che volle la chiusura delle scuole il giovedì con lo scopo di "permettere ai genitori di dare ai figli un'istruzione religiosa fuori dagli edifici scolastici". Insomma: un curioso "giorno del catechismo" che nasceva dal giacobinismo francese, ma che alla fine conteneva anche aspetti positivi per la Chiesa e i cattolici.

Il caso italiano

Intendiamoci: non è detto che l'Europa sia sempre un modello, e nessuno ci obbliga ad allinearci con le abitudini del vecchio continente, che spesso sono lontane anni luce dal buon senso e dalla tradizione cristiana. Ma, in questo caso, è l'Italia a essere in errore. E a pagare un prezzo altissimo al peso enorme che la cultura marxista ha giocato - e continua a giocare - nella nostra società. Fu l'Italietta sabauda e massonica a creare un modello di insegnamento obbligatorio statale, capillare nel territorio e diffuso per ogni ceto sociale. Un modello al quale vanno riconosciuti - pur fra non poche ombre - meriti indubbi: la promozione dell'alfabetizzazione di base, da un lato, e la promozione di un'educazione della persona che, magari in chiave laica, attingeva a piene mani dalla sapienza e dalla tradizione cattolica. Una scuola da Libro Cuore di De Amicis, nella quale magari si faceva dell'anticlericalismo a buon mercato, ma non si staccavano i crocefissi dalle aule. Questo modello aveva il pregio di non pensare mai, nemmeno per un minuto, di sostituirsi alla famiglia, luogo deputato alla educazione della prole. Anche se si trattava di genitori molto ignoranti - spesso privi delle nozioni elementari che i figli invece andavano acquisendo - la scuola aveva fiducia nel padre e nella madre, all'interno di un contesto che non aveva mai messo in discussione il principio di autorità.

Tutto nella scuola, niente al di fuori della scuola Con l'Italia repubblicana le cose per un certo periodo restano immutate, fino a quando la scuola (ma non solo la scuola) viene progressivamente colonizzata dalla cultura marxista, all'interno del ben noto disegno di occupazione gramsciana del potere. Il tutto avviene sotto l'abile regia del Partito comunista italiano e nella sostanziale indifferenza del partito dei cattolici, la Democrazia cristiana. Anzi, il modello pedagogico marxista viene progressivamente assunto come valido anche in larghe fette del mondo cattolico. I "miti" della scuola progressista conquistano il cuore e la mente di politici, intellettuali, presidi di formazione cattolica. E fra questi miti, su tutti trionfa il "tempo pieno". Esso si fonda sull'idea - di impronta tipicamente hegeliana - che l'intera crescita umana e culturale del bambino debba essere guidata e gestita dallo Stato attraverso la scuola, e che il resto - a cominciare dalla famiglia - abbia un ruolo residuale, accidentale, sostanzialmente inadeguato, insufficiente. Come disse il filosofo Umberto Galimberti, columnist di Repubblica, «i genitori non sono in grado di educare i propri figli». È il capovolgimento della dottrina cattolica della "sussidiarietà", in base alla quale l'uomo, la famiglia e la società debbono essere liberi dì fare da sé tutto ciò che è buono e lecito, lasciando allo Stato il compito di intervenire solo dove il cittadino non ce la fa da solo. In questa visione la scuola non è il fulcro della crescila del bambino, ma un supporto al padre e alla madre, che non possono delegare. Per ragioni evidenti, il pensiero comunista e, in seguito, progressista e liberal-radicale, ha attaccato frontalmente questa idea, per strappare alla famiglia il timone dell'educazione dei figli. Non è un caso che la pur discutibile "Riforma Moratti" avesse introdotto la "straordinarietà" della scuola al pomeriggio, e che invece l'attuale Governo di sinistra abbia reintrodotto trionfalmente il "tempo pieno".

Più scuola, meno famiglia: in fuga dalla fede

In questo processo di tragica spoliazione, la cultura di sinistra è stata supportata da fette importanti del mondo cattolico, che ha creduto di aiutare la famiglia e soprattutto le fasce meno abbienti della società con un sistema scolastico ispirato all'idea del "parcheggio prolungato": più tempo i figli stanno in classe, e meno sono esposti ai pericoli del mondo. Il risultato è sotto gli occhi di tutti: i famosi "pencoli" - che prima attendevano i nostri figli per le strade, come la droga o la devianza o il bullismo - adesso sono entrati trionfalmente nella scuola, che non sa come (e talvolta nem-meno vuole) reagire. Parole come ordine e disciplina, concetti come fede e pudore, sono stati defenestrati dai contenuti educativi, per essere rimpiazzati dall'ambientalismo e dal pacifismo. Un tempo il bambino imparava dal maestro laico dello Stato sabaudo il valore del sacrificio e il saluto alla bandiera del re; oggi il pupo si erudisce sulla raccolta differenziata e si inchina davanti alla bandiera arcobaleno. Non solo: imbottendo le liste dei docenti di Stato di uomini e donne di sinistra - oggi traghettati sulle sponde di uno squallido nichilismo gaio pansessualista - si è giunti a capovolgere la positività originaria del tempo trascorso in aula. Per cui oggi - salvo lodevoli eccezioni - più tempo il figlio trascorre in aula, più ideologia conformista assorbe. Meno resta in famiglia, meno educazione riceve, meno è introdotto in un cammino di fede cattolica,

Una scuola a misura di adulto

A dar manforte all'idea totalizzante di scuola ha contribuito il modello di sviluppo capitalistico, esploso in Italia con il boom economico degli anni Sessanta. Occorreva spingere le donne fuori dalla casa, e convincerle non solo della legittima opportunità, ma addirittura della doverosa necessità di lavorare in fabbrica o in ufficio, abbandonando le tradizionali incombenze femminili, soprattutto educative e assistenziali. Questa strada ha prodotto spesso nelle madri lavoratrici dolorose lacerazioni - in realtà il lavoro va ad aggiungersi agli impegni domestici - e ha incentivato ancor di più l'idea di una scuola per tutto il giorno, tutti i giorni. Affiancata dal mito che "più asili nido aiutano la famiglia", cavalcato ancora una volta dai governi progressisti, con il beneplacito di cattolici un po' ingenui. Il risultato è che oggi noi abbiamo a che fare con modelli scolastici che non sono pensati per il bene dei nostri figli, ma - riconosciamolo - per i comodi degli adulti: da un lato, l'interesse della corporazione sindacale degli insegnanti, che ottenne ad esempio l'assurda riforma dei tre maestri per classe, al solo scopo di salvare posti di lavoro; dall'altro, i bisogni dei genitori, effettivamente costretti non di rado a lavorare entrambi. Certo, uscire da questa situazione non è facile. Ma, almeno, riconosciamo qual è il vero bene per i nostri bambini. Che cosa c'entra tutto questo discorso con l'apologetica e con la fede cattolica? Beh, un giorno fu proprio Gesù a dire: «Lasciate che i bambini vengano a me». Se la scuola li allontana sempre più dal Maestro buono e dai genitori, c'è davvero qualche cosa che non funziona.

Ricorda: "So che nel nostro mondo pluralista è difficile avviare nella scuola II discorso sulla fede. Ma non è affatto sufficiente che i bambini e I giovani acquistino nella scuola soltanto delle conoscenze e delle abilità tecniche, e non i criteri che alle conoscenze e alle abilità danno un orientamento e un senso. Stimolate gli alunni a porre domande non soltanto su questo e su quello - cosa buona anche questa - ma a chiedere soprattutto sul "da dove" e sul "verso dove" della nostra vita. Aiutateli a rendersi conto che tutte le risposte che non giungono fino a Dio sono troppo corte». (Benedetto XVI, Omelia per la celebrazione dei Vespri, Monaco, 10 settembre 2006).

Mario Palmaro (da Il Timone)

sabato 1 novembre 2008

Scuola corruttrice perchè ideologica

Ho vissuto per quarant’anni nell’ambito dell’educazione e della scuola e mi sono occupato a fondo della libertà dell’educazione in Italia.
Intervengo per dire qualcosa di serio e di costruttivo che dia un po’ di dignità e ragionevolezza, cioè andando oltre quello che vediamo e sentiamo ogni giorno.
Abbiamo proprio visto di tutto: bambini che sfilano in corteo sotto striscioni che fanno fatica a leggere, insegnanti in lutto, politici che sproloquiano nelle scuole dell’infanzia, i reduci del ’68 che si infiltrano nei cortei come per prendere una boccata di ossigeno che allontani di qualche tempo l’ineluttabile “rigor mortis”.
Così il “virtuale” si è sostituito al reale: ed in un’orgia di isterismo e disinformazione abbiamo dimenticato la realtà quotidiana.
La realtà quotidiana è che nella scuola italiana si fa fatica a studiare e ad imparare perché l’insegnamento si è dequalificato. Abbiamo dimenticato che nella scuola italiana si può morire di spinello durante le ore di scuola; che durante gli intervalli si filmano scene di sesso che vengono poi inviate ormai a vari siti; che in certe scuole, non poche, durante l’intervallo gli insegnanti stanno tappati nell’aula professori per evitare violenze non solo verbali; che presidi e professori sono stati malmenati da genitori e studenti per protesta a certe valutazioni scolastiche; che più di una volta i carabinieri sono entrati in varie scuole ad arrestare studenti spacciatori di droga.
Questa non è tutta la realtà, ovviamente, ma è un pezzo della realtà scolastica che dovrebbe interpellare tutti, soprattutto gli adulti, seriamente. Alcune delle cose predisposte dal Ministro - ovviamente mi evito un giudizio analitico che non mi compete - mi sembrano dettate dalla più grande virtù del popolo italiano: il buon senso. Comunque bisogna proprio riconoscere che in Italia sono impossibili due cose parlare male di Garibaldi e tentare di riformare la scuola. La scuola dello Stato Italiano fa corpo totalmente con l’idea della Nazione e dello Stato ed ha costituito negli ultimo 150 anni del nostro paese una sorta di liturgia di questo universale culto dello Stato.
La verità è che la scuola italiana è sempre stata al servizio non della Cultura, ma della ideologia dominante. Così abbiamo avuto la scuola unitaria e liberale e poi la scuola fascista e poi la scuola azionista e socialista. I cattolici sono stati così improvvidi che negli anni ’50 e ’60 hanno tirato fuori la strampalata teoria della scuola “neutra” che ha favorito la sua occupazione da parte delle più diverse ideologie rivoluzionarie e negative. Abbiamo avuto la scuola marxista e neo-marxista e radicaleggiante: e adesso abbiamo la scuola tecno-scientista.
Mi sembra venuto il momento di andare, se possiamo e vogliamo, oltre questo schema ideologico e ricordarci che la scuola non deve servire nessuna ideologia ma la cultura: cioè l’istanza di senso ultimo, di verità, di bellezza e di giustizia che caratterizzano la coscienza dell’uomo nel suo porsi immediato.
Allora forse ci si renderà conto che la scuola deve essere un ambito di convivenza libera, fra culture diverse (perché nel nostro Paese ci sono ormai culture diverse) e la convivenza libera e impegnata di queste culture deve sostenere un insegnamento, a tutti i livelli, appassionatamente critico: cioè formatore di personalità critiche.
Potrà apparire allora assolutamente legittimo e necessario il formarsi di un sistema scolastico che, gestito dallo Stato, sia libero e pluralistico nelle sue articolazioni educative, culturali e didattiche. Senza pluralismo educativo e scolastico muore la democrazia: perché la democrazia è anzitutto un costume, un dialogo profondo, libero e rispettoso fra culture diverse, che proprio nella consapevolezza critica della propria diversità contribuiscono al bene comune del Paese.
Marco Minghetti, ministro della Pubblica Istruzione del neonato Regno di Italia concludeva il dibattito parlamentare sullo stato dell’istruzione del Paese nel 1864 con queste parole: “In linea di principio sarebbe meglio un sistema di libertà scolastica, ma se ne approfitterebbero i clericali”.
Dobbiamo amaramente riconoscere che la questione scolastica, in Italia, è ferma a queste parole.
[...]

+ Luigi Negri,
Vescovo di San Marino - Montefeltro
Intervista su "il Resto del Carlino", 28/10/2008

lunedì 15 settembre 2008

Parità scolastica, carajo!

«Il divario esiste e va cancellato»

«Mi auguro che il ministro Gelmini e il governo lavorino per rendere effettiva la parità scolastica». È il messaggio che il vescovo di San Marino e Montefeltro Luigi Negri, rivolge al ministro della Pubblica istruzione che oggi interverrà al Meeting di Rimini.
Per le dichiarazioni sulle scuole del Sud il ministro è stata accusata di razzismo. Che cosa ne pensa?
«Le sue mi sembravano osservazioni funzionali alla vita della scuola per un esercizio migliore della sua finalità educativa. Certi divari e certe differenze di risultati mi paiono evidenti, credo sia giusto impegnarsi per elevare la qualità del servizio».
Il Papa parla di «emergenza educativa». Perché?
«La Chiesa è sfidata a fare una proposta educativa credibile che sappia coinvolgere le giovani generazioni: dobbiamo ritrovare identità e novità di vita, capacità di coinvolgere, di offrire senso e valori, senza fare sconti a noi stessi prima che ad altri. Ma l’emergenza educativa riguarda tutta la società perché la scuola italiana che esce da un secolo di ideologie che l’hanno ingessata...».
A che cosa si riferisce?
«All'omologazione di carattere ideologico che per decenni ha impedito al popolo di riscoprire la sua identità culturale, che nel nostro paese è maggioritariamente cattolica».
Non sta dipingendo la realtà a tinte troppo fosche?
«La scuola statale è ancora erede delle stagioni ideologiche. Prima quella del laicismo risorgimentale, poi quella del fascismo, poi quella del nozionismo neutrale, una stagione per la quale i cattolici hanno una grande responsabilità in quanto hanno accettato che i problemi ideali fossero esclusi dalla scuola. Infine è arrivata la scuola progressista e marxista, soprattutto nei testi e nei professori. Adesso la scuola sembra non interessare a nessuno e sottostare a una concezione tecno-scientista dove regnano edonismo e nichilismo».
Che cosa chiede, dunque, al ministro Gelmini?
«Mi auguro che si apra una stagione nuova, con la creazione di un sistema paritario, un sistema di scuole statali e non statali tutte considerate pubbliche, anche se non gestite direttamente dallo Stato. Penso sia opportuno ristabilire un po’ di regole e di ordine, di fronte a fenomeni come il “bullismo”. Ma non basta. Don Giussani all’inizio degli anni Sessanta diceva ai politici di allora: mandateci in giro nudi, ma dateci la libertà di educare. Un popolo sa che cos’è la democrazia solo se sa cos’è il dialogo tra le culture, solo se è possibile un’educazione che parta da ipotesi positive. Mi auguro insomma che il ministro lavori per rendere effettiva la parità scolastica, facendo sì che le famiglie che scelgono la scuola non statale per i loro figli non siano sottoposte al doppio aggravio economico, condizione che Benedetto XVI ha definito insopportabile»
di Andrea Tornielli, Il Giornale 27/8/2008

venerdì 6 giugno 2008

L'occidente finanzia il terrorismo islamico

Basta finanziare i maestri dell’odio islamico
di Massimo Introvigne (il Giornale, 31 maggio 2008)
Apparentemente quella che arriva dal Pakistan è una storia di ordinaria follia. Un bambino di sette anni, Mohammed Atif, che non era riuscito a memorizzare il Corano come chiedeva l'insegnante di una madrassa, è stato appeso dallo zelante maestro a testa in giù a un ventilatore da soffitto, e bastonato con ferocia finché non è morto.Si dirà che i pazzi ci sono dovunque e che l'ultrafondamentalismo islamico stavolta non c'entra. E invece no. Nell'Afghanistan dei talebani bambini anche di quattro o cinque anni erano sottoposti a un'istruzione che consisteva quasi solo nel mandare a memoria il Corano e nell'imparare a usare il kalashnikov. Se non erano rapidi nell'una o l'altra materia piovevano le bastonate. Ma i maestri talebani avevano imparato l'arte in Pakistan. Qui funziona un sistema di oltre diecimila madrasse - non esistono registri, ispezioni, controlli e il numero esatto nessuno lo conosce - fra cui gli specialisti possono distinguere sfumature teologiche, ma il cui schema è sempre lo stesso. Pochissima istruzione in materie non religiose, Corano a memoria, incitamento all'odio per l'Occidente e botte. I vari governi che si sono succeduti in Pakistan hanno promesso e qualche volta anche fatto qualcosa contro la presenza di Al Qaida, ma non hanno mai osato toccare le madrasse. E c'è di peggio: una parte sostanziale degli aiuti umanitari che vanno al Pakistan - come ha rivelato di recente un'inchiesta del più noto giornalista pakistano, Ahmed Rashid - finisce direttamente o indirettamente alle madrasse. Forse anche la scuola dove è stato picchiato a morte il piccolo Mohammed funzionava grazie agli aiuti delle Nazioni Unite o dell'Unicef.Questo sistema deve finire. Le madrasse non sono scuole come le altre. Anche quando gli allievi non finiscono massacrati come Mohammed sono indottrinati all'odio per l'Occidente, spesso direttamente al terrorismo. Nella maggior parte dei casi, non ricevono l'istruzione essenziale per svolgere nella società lavori che non siano il predicatore, il militante a tempo pieno di movimenti estremisti o il terrorista. Uno dei modi essenziali per sradicare il terrorismo è chiudere le madrasse e sostituirle non con scuole di ateismo (come sognava Kemal Atatürk, il quale dovette rendersi conto ben presto che si trattava di utopie irrealizzabili in terra d'islam) ma con istituti di formazione certo rispettosi dei valori e delle tradizioni islamiche, ma nello stesso tempo capaci di insegnare agli allievi le principali materie che si apprendono nelle scuole di tutto il mondo. E di prepararli a una vita normale, sotto il controllo di autorità scolastiche indipendenti e competenti.I talebani afghani hanno capito che il loro vero nemico è il maestro di scuola. Infatti in un anno hanno fatto saltare duecento scuole, uccidendo oltre centocinquanta bambini frequentatori di scuole elementari. Ma è solo sostituendo le madrasse con vere scuole che si prepara un futuro senza terroristi.

martedì 15 gennaio 2008

Viva il Papa, abbasso i laici "tolleranti"!

Giorgio Israel, professore ordinario di Matematiche complementari a “La Sapienza” di origine ebraica, dopo il vergognoso attacco al Papa da parte di alcuni cialtroni, ha denunciato la contraddizione di quanti si sono opposti alla visita del Papa, teoricamente in difesa del valore della presunta laicità della scienza, negandogli il diritto di parola. “È sorprendente che quanti hanno scelto come motto la celebre frase attribuita a Voltaire - 'mi batterò fino alla morte perché tu possa dire il contrario di quel che penso' - si oppongano a che il Papa tenga un discorso all'università di Roma 'La Sapienza'”, ha osservato. “È tanto più sorprendente in quanto le università italiane sono ormai un luogo aperto ad ogni tipo di intervento ed è inspiegabile che al Papa soltanto sia riservato un divieto d'ingresso”, ha aggiunto. L'opposizione alla visita del Papa, ha commentato, non è “motivata da un principio astratto e tradizionale di laicità”, ma è “di carattere ideologico e ha come bersaglio specifico Benedetto XVI in quanto si permette di parlare di scienza e dei rapporti tra scienza e fede, anziché limitarsi a parlare di fede”. Le sinistre non hanno perso l'occasione per dimostrare la propria sulfurea intolleranza.

giovedì 10 gennaio 2008

Più fedeltà al Papa e al Magistero!

L'articolo che riporto, modificato da me in parte, richiama, oltre ai Gesuiti, che si sono allontanati dalla reta fede e dottrina cattolica, tanto clero che ha abbandonato la fede certa garantita dal Sacro Magistero Petrino per affidarsi alle incerte sorti del progressismo, relativismo, catto-laicismo e catto-comunismo. Chi ha orecchie per intendere, intenda!
Si è aperta il 7 genaio , con una messa solenne in lingua latina nella Chiesa del Gesu', la 35.esima Congregazione generale cui spetta il compito di eleggere il 29.esimo 'papa nero', come e' familiarmente noto il successore di Sant'Ignazio di Loyola alla guida dei gesuiti di tutto il mondo. I 226 membri della Congregazione entreranno da oggi in un 'ritiro' che durera' quattro giorni, durante i quali potranno discutere e confrontarsi, in assoluta segretezza, sulla persona ritenuta piu' adatta per guidare il piu' grande e, probabilmente, influente ordine religioso della Chiesa. La messa di apertura della Congregazione e' stata officiata dal card. Franc Rode', Prefetto della Congregazione vaticana per gli istituti di vita consacrata, che ha la responsabilita' sugli ordini religiosi. Nella sua omelia, il cardinale ha richiamato con forza i gesuiti all'obbedienza al papa e alla Chiesa, rispettando l'antica ''formula del vostro istituto, nella quale viene delineata l'essenza del vostro carisma: 'Servire il Signore e la sua Sposa, la Chiesa, sotto il Romano Pontefice'''.''Vedo con tristezza e inquietudine - ha ammonito Rode' - che va decadendo sensibilmente anche in alcuni membri delle Famiglie religiose il sentire cum Ecclesia di cui parla frequentemente il vostro Fondatore. La Chiesa aspetta da voi una luce per restaurare il sensus Ecclesiae''.''Con tristezza e inquietudine - ha aggiunto - vedo anche un crescente allontanamento dalla Gerarchia.La spiritualita' ignaziana di servizio apostolico 'sotto il Romano Pontefice' non accetta questa separazione''. Negli ultimi anni, tre gesuiti di alto profilo, Roger Haight, Jacques Dupuis e Jon Sobrino, sono stati messi sotto inchiesta da parte del Vaticano per i loro insegnamenti su ecumenismo e dialogo interreligioso non in linea col Magistero cattolico. Con riferimento a questi episodi, il card.Rode' ha ricordato ''la necessita' di presentare ai fedeli e al mondo l'autentica verita' rivelata nella Scrittura e nella Tradizione'': ''La diversita' dottrinale di coloro che sono chiamati ad annunciare il Regno disorienta i fedeli e conduce verso un relativismo senza orizzonte. La verita' e' una, anche se puo' essere sempre piu' profondamente conosciuta. E garante della verita' rivelata e' il 'Magistero vivo della Chiesa'''. In particolare, l'invito rivolto ai gesuiti e' stato quello di ''vigilare sulla dottrina delle vostre riviste e pubblicazioni''. ''Il vostro operare - ha anche detto Rode' - deve essere eminentemente apostolico, con un'ampiezza universale, umana, ecclesiale, evangelica.

Emergenza educativa! Genitori e insegnanti ammalati di relativismo

CITTA' DEL VATICANO, giovedì, 10 gennaio 2008 (articolo riassunto tratto da ZENIT.org).- L'"emergenza educativa" è una situazione reale della nostra società che richiede una decisa azione da parte dei governanti, ha affermato Benedetto XVI questo giovedì.
Ricevendo in udienza gli amministratori della Regione Lazio. Benedetto XVI ha definito "criterio fondamentale, sul quale possiamo facilmente convenire nell'adempimento dei nostri diversi compiti", quello della centralità della persona umana. Come afferma il Concilio Vaticano II, ha ricordato, l'uomo è sulla terra "la sola creatura che Dio abbia voluto per se stessa" (Gaudium et spes, 24). Per questo motivo, ha spiegato, è "decisiva" l'importanza rivestita dall'educazione e dalla formazione della persona, soprattutto nella prima parte della vita. "Se guardiamo però alla realtà della nostra situazione, non possiamo negare che ci troviamo di fronte a una vera e grande 'emergenza educativa'", ha constatato.
"Sembra infatti sempre più difficile proporre in maniera convincente alle nuove generazioni solide certezze e criteri su cui costruire la propria vita", ha ricordato, sottolineando che "lo sanno bene sia i genitori sia gli insegnanti, che anche per questo sono spesso tentati di abdicare ai propri compiti educativi".
"Essi stessi, del resto, nell'attuale contesto sociale e culturale impregnato di relativismo e anche di nichilismo, difficilmente riescono a trovare sicuri punti di riferimento, che li possano sostenere e guidare nella missione di educatori come in tutta la loro condotta di vita". Un'emergenza di questo tipo "non può lasciare indifferenti né la Chiesa né le vostre Amministrazioni", ha detto il Papa. "Sono infatti chiaramente in gioco, con la formazione delle persone, le basi stesse della convivenza e il futuro della società". Il Pontefice ha quindi incoraggiato a "un impegno convergente e di ampio respiro, attraverso il quale le istituzioni civili, ciascuna secondo le proprie competenze, moltiplichino gli sforzi per affrontare ai diversi livelli l'attuale emergenza educativa, ispirandosi costantemente al criterio-guida della centralità della persona umana". Da questo punto di vista, ha spiegato, hanno "un'importanza prioritaria il rispetto e il sostegno per la famiglia fondata sul matrimonio". Al giorno d'oggi, ha denunciato, si verificano "insistenti e minacciosi" attacchi e incomprensioni "nei confronti di questa fondamentale realtà umana e sociale". "E' quindi quanto mai necessario che le pubbliche Amministrazioni non assecondino simili tendenze negative, ma al contrario offrano alle famiglie un sostegno convinto e concreto, nella certezza di operare così per il bene comune", ha concluso. (permalink Zenit con l'articolo completo)

martedì 18 dicembre 2007

Disputa medievale: il ritorno!

“Disputatio” alla maniera medievale: discutere temi attuali controversi usando la tecnica medievale della “Quaestio Disputatae” di cui san Tommaso d'Acquino fu maestro impareggiabile. Sarà il metodo che verrà adottato questo lunedì a Roma da due professori per trattare il tema della formazione dei sacerdoti del domani, con il titolo “Più claustro o più oratorio?” presso la Pontificia Università San Tommaso “Angelicum” di Roma. La quinta sessione delle “Quaestiones disputatae” inizierà alle 16.00 di lunedì 17 dicembre nell'Aula 11 della Pontificia Università San Tommaso d'Aquino di Roma. La metodologia della disputa risale al Medioevo e si basa sul metodo dialettico di tesi e obiezioni; Maria Margherita Rossi ha spiegato che “la disputatio è l'atto che riassume l'attività dell'intellettuale nell'Europa medievale, perché fa parte del compito del magister, vale a dire esercizio, atto accademico e tecnica di ricerca”. Maria Margherita Rossi crede che la forza di questo metodo dialettico, che fa “un uso intelligente delle fonti della teologia” e sa navigare nella “razionalità intrinseca delle argomentazioni”, è decisamente necessaria in un terreno culturale “ostile”. La professoressa compie un'osservazione statistica “assolutamente benevola” e rivela di trovare molti più conferenzieri per “temi tradizionali” che non “pionieri” disposti a “mettersi alla prova” con questo metodo che richiede il controllo della coerenza logica e sistematica.
(mia sintesi da un articolo di Zenit)

Arte sacra